Io speriamo che me la cavo: report da Riva del Garda

di Lorenzo Rondelli

 

RIVA DEL GARDA - Torno al Fraglia Vela Riva con una certa apprensione: l’avvertimento di un amico diversi anni fa “se sei un velista vero devi regatare almeno una volta a Riva del Garda… poi, se ti vuoi male, regati una seconda volta a Riva del Garda” mi rimbomba ancora nelle orecchie. 

Facendo parte della categoria dei maso-velisti, nel periodo 2003-2006 ho regatato da quelle parti cinque volte (quattro Nazionali Hobie Cat 16 più un Mondiale Contender) con buoni risultati (sono sempre tornato indietro tutto intero, anche se qualche volta abbastanza stropicciato da far esclamare ad un collega “Sai Lorenz, se non ti conoscessi penserei che a casa tua ti picchiano”).

Sono curioso di vedere come me la ma cavo: se è vero che 15 anni fa ero più giovane (e incosciente) oggi dovrei essere fisicamente più allenato: negli ultimi 14 mesi ho pedalato per più di 11.800 chilometri, 1.352 dei quali tra San Vincenzo e Riva (smentendo in questo modo Google Maps che indica la distanza tra le due località pari ad un misero 425 Km).

Arrivo verso le otto di venerdì mattina, una partenza intelligente dovuta allo scambio di vedute avvenuto la sera precedente tra mio figlio e il box doccia. Il minore, confondendo la definizione di vetro infrangibile con quella di vetro irrompibile, trasformava una lastra di 1,20 metri X 2,00 metri in circa 5.000 allegri pezzettini di vetro sparsi per il bagno. Giocoforza trasformarsi (senza avere la cabina come Superman) in pochi secondi in un gelido capo famiglia in grado contemporaneamente di mantenere la calma (difficile), tranquillizzare la moglie (ancora più complesso, considerando la giusta diffidenza nei confronti delle demenziali decisioni prese negli ultimi anni dal marito), curare le ferite del piccolo devastatore (la cosa più semplice di tutte). Non è mai troppo tardi per diventare multi-tasking.

Il nostro appartamento a Riva è al quarto piano di un palazzo di alto lignaggio: non ha ceduto alla volgarità degli ascensori, permette il parcheggio di una sola vettura per famiglia (nessun problema, la uso il meno possibile, visto che l’ultima volta, con la complicità di un termostato bloccato, ho arricchito il mio meccanico di 800 Euro), vieta la televisione prima delle 08.00 e dopo le 23.00 (anche qui sono preparato, vivendo senza il formidabile elettrodomestico dal Maggio 2001), offre una locanda a buon mercato al secondo piano. 

Anche l’appartamento è di alto livello: biliardino, doppio lavello in bagno, lavastoviglie. In libreria oltre all’enciclopedia del ragazzo fanno bella mostra il libro delle barzellette di Totti e il “Don Chisciotte” di Cervantes. Userò quest’ultimo come spunto per la strategia in acqua.

La medaglia del match race di Viverone che Stefano ha appeso sullo specchietto retrovisore mi ricorda gli scambi di battute tra Woody Allen e Diane Keaton in “Provaci ancora Sam” (“pensi che se metto in mostra la medaglia del 100 metri piani del college impressionerò la ragazza?”, “Cielo Sam, è vera?”, “Lo spero bene, l’ho pagata 50 Dollari!”).

Manca il poster della regata e le magliette sono stampate. Ai bei tempi (mondiale Contender 2004) c’era la polo con i loghi cuciti. Da capire se il Garda non è più quello di una volta o semplicemente la nostalgia è un disturbo della memoria.

Siamo 15 Fireball (che purtroppo si ridurranno a 10 la domenica, quando per improrogabili impegni diversi equipaggi non potranno scendere in acqua) in compagnia di 35 Contender (oltre agli italiani ci sono Svizzeri, Tedeschi, Austriaci e Olandesi) e 24 5o5 (da USA, Australia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Svizzera). Il 5o5 dev’essere una barca noiosa: molti equipaggi infatti, si devono portare qualcosa da leggere (vedi foto) per evitare di addormentarsi sotto spinnaker.

Come di moda da qualche mese, istruzioni di regata, avvisi e classifiche sono solo su Internet. Si risparmiano cellulosa e assembramenti e si fanno lavorare server e centrali elettriche in giro per il mondo.

Acquisto dignità professionale agli occhi di Stefano quando gli rispondo senza tentennamenti sull’abbigliamento: muta lunga e coprirsi bene. Il mio timoniere ha la memoria corta (o forse non ho acquistato dignità professionale alle sue orecchie) perché ripete la stessa domanda a Giorgio Rossato, che naturalmente mi smentisce: “Muta corta”. Quando gli descrivo le mie esperienze (“veramente qui ho sempre regatato in Agosto e ho sempre usato la stagna…”) risponde serafico che “E’ anche vero che io non ho la muta lunga…”

Le due prove di venerdi sono caratterizzate da poco vento (Riva non è più quella di una volta?): Stefanini-Borzani vincono a mani basse, seguiti da Brescia-Strobino. Nella seconda prova la new entry proveniente dal 420 Mat Bevilacqua arriva terzo, suscitando la mia curiosità. Il racconto del suo prodiere Nicoletti (“Mat mi dice che quando siamo mura a dritta quelli con le altre mura si devono INCHINARE”) mi conferma quello che sospettavo: la vittoria è frutto di un atteggiamento mentale che io non ho neanche nel più erotico dei miei sogni.

Noi confidiamo nelle prove del giorno dopo: oggi abbiamo scuffiato vicino alla boa robotica di bolina e se a causa del colpo non riuscirà a mantenere la corretta posizione GPS noi saremo gli unici a saperlo in anticipo (e regolarci di conseguenza).

La sera recupero il resto della famiglia, in arrivo da Milano in treno. Mia moglie è convinta che le abbia comprato solo il biglietto dell’ultima tratta Verona-Rovereto e suo figlio, immemore del mio intervento del giorno prima (degno del miglior Benjamin Franklin "Hawkeye" Pierce di “M.A.S.H.”) mi tratta come merito:“papà sei cattivo, non ci hai comprato i biglietti del treno”. Solo dopo qualche ora la genitrice si accorge che aveva letto male e che avevo effettivamente acquistato la tratta completa. Ho messo in conto che per le scuse di mio figlio dovrò attendere la sua tarda adolescenza.

Prima di andare a letto non cedo alla tentazione di dilettarmi con il capitolo 4 del Don Chisciotte: il titolo (“soldati e pecore”) non mi avrebbe permesso il giorno dopo di partire mura a sinistra nella seconda regata, un atto di coraggio demenziale che mi procurerà abbastanza pubblicità da far rientrare il mio libro tra i primi 100 di nautica su Amazon (al 73-esimo posto, giustamente sopravanzato da trattati sulla dieta chetogenica, sull’alimentazione sportiva, sul canottaggio e sull’Ikigai il metodo e la filosofia giapponese per vivere giornate ricche di significato, amore, felicità e senza stress).

Sabato mattina mio figlio si alza alle sei. Devo ancora capire perché il giorno prima, quando doveva andare a scuola, ronfava ancora alle otto meno venti. Mi faccio perdonare il disguido dei biglietti offrendo colazione alla famiglia. Moglie (che non smentisce la mia battuta “se papà frequentasse un circolo come il Fraglia Vela la mamma probabilmente tollererebbe meglio le sue attività veliche”) e figlio sembrano particolarmente apprezzare le dotazioni del Fraglia Vela di Riva: bar interno con sedie e tavolini, veranda, puff di fantozziana memoria.

Risolte le incombenze familiari passo a quelle professionali: la nostra ghinda è più corta di quella degli altri (domenica misureremo un gap di 8 centimetri), il cunningham è senza tacche di regolazione, la posizione dei bozzelli del fiocco va modificata, devo far firmare agli equipaggi il poster di una vecchia regata, convincendo i più indolenti con il classico “è l’unico modo per dimostrare a mia moglie che sono stato latitante per tre giorni per attività legali”.  Ai contenderisti questa battuta smuove qualche ricordo (“ c’era un amico che veniva a giocare a calcetto… ad un certo punto non l’abbiamo più visto, nonostante fosse regolarmente iscritto. Poi ha divorziato”), mentre a me viene il dubbio che la mail trovata nella mia casella di posta qualche ora dopo (“voglio un gentleman che sappia come trattarmi”) non fosse indirizzata a me ma l’ex calciatore.

Cambia il numero delle prove (tre) e l’intensità del vento (più intenso, anche se Riva non è più quella di una volta) ma non i risultati: come il giorno prima anche oggi Stefanini-Borzani (2-1-1) e Brescia-Strobino (1-5-2) la fanno da padroni. Poche sorprese in classifica e una gradita nella seconda prova alla fine della bolina: hanno abbandonato una fotografa sulla boa. Probabilmente nessuno le ha raccontato della scuffia del giorno prima dell’equipaggio Pecchenino-Rondelli. 

La sera sono abbastanza stanco e vado a letto alle otto senza cena (avendo considerato i tre piatti di pasta offerti dal Fraglia Vela come una sostanziosa merenda).

L’ultimo giorno non ci sono Daniele, Marco, Luca e Steven, i due Fiore e i due Alberto, Mat e Salvatore. Peccato perché Luca e Steven erano meritatamente in prima posizione e tutti gli altri ci precedevano in classifica.

Come raccontava il grande Gianni Clerici le nostre piccole conquiste interiori non sono purtroppo definitive: la Domenica i nostri risultati sono inversamente proporzionali all’intensità del vento (8 nodi alla prima prova, 17-18 alla partenza della terza, con raffiche fino a 20 nodi in bolina) e all’ultima prova siamo ultimi (con distacco). Mi consolo pensando a Mark Sinclar, che a inizio del mese ha completato la Golden Globe* quattro anni dopo la partenza (*giro del mondo senza scalo e senza assistenza che si corre con le regole e le barche del 1968).

Se il titolo del capitolo letto la sera prima (“succedono cose strane”) non era premonitore (non è la prima volta che arriviamo in coda al gruppo) lo è stato sicuramente il lamento di uno dei protagonisti (“Io son marinaio dell’amore e sul suo profondo oceano navigo senza speranza di trovare un porto… inseguo una stella che vedo da lontano… non sono dove essa mi guidi e quindi navigo alla ventura”). Forse anche io avrei bisogno di un localizzatore, da capire se attivarlo in regata o in ufficio.

Diamo spettacolo anche tra una regata e l’altra. Prima della seconda prova siamo in modalità canguro: salta lo stick, immediatamente emulato da Stefano che salta in acqua. La figura peggiore la faccio io che, per evitare che la barca scuffi, buco la falchetta con il gancio del trapezio. Partecipiamo alle ultime due prove grazie al grey tape (yellow tape, per essere precisi e rispettare la variante cromatica del provvidenziale nastro) fornito da un gommone dell’assistenza.

A terra lo scambio di battute tra me e Umberto (“Bello, eh?”, “un po' troppo bello…”) riassume tre giorni di regata ad alta intensità emotiva. Se i Fireball mancavano da Riva da più di 20 anni ci sarà un motivo.

Non ci facciamo mancare nulla e disarmiamo sotto una pioggia torrenziale. Per caricare la barca sul carrello ci facciamo aiutare da due energumeni che la sollevano praticamente da soli: Stefano è stupito (“hai visto quello che hanno fatto?”), io meno (“e ci credo, sono quelli che hanno vinto la regata del 5o5!”)”

Lunedi gli schizzi che devo evitare sono quelli degli spruzzini per i parabrezza delle auto. Quando penso di essere in salvo uno scooter centra una piccola vaschetta di marmellata e la confettura di albicocca mi imbratta scarpa e pantalone.

La mia regata finisce in un’ora imprecisata nella notte tra Lunedi e Martedi, quando finalmente si stappa l’orecchio sinistro, permettendomi di assaporare l’eterno De Gregori.

 

 

Sole sul Fireball che al Garda fa il pienone

Sole che batte su Riva e su Campione

qui tira sempre vento e quando disarmi piove

Brescia cammina che sembra un tuono

Con i calzari di gomma dura

cinquant’anni e il cuore senza paura

Beatrice non aver timore di sbagliare un bordo di bolina

Non è mica da questi particolari che si giudica una prodierina

Daniele è pieno di coraggio, di incoscienza, di frenesia

E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai

Di quelli che a Riva non son venuti mai

Ed hanno appeso la muta al tangone

E adesso ridono solo sul tram

E sono calunniati da dieci anni

dall’ex presidente che non li ha amati mai

Chissà quanti ne hai superati, chissà quanti ne umilierai

Lorenzo capì fin dal primo momento

il timoniere sembrava contento

E allora si tolse la muta lunga

E corse in bagno più veloce del vento

Poi prese un bordo che sembrava stregato

Ai coglionazzi rimaneva incollato

Entrò in boa senza guardare

E la fotografa smise di respirare

Ma Rossato non aver paura di cazzare a tutta manetta

Non è mica da questi particolari che si giudica un pressapochista

Un prodiere lo vedi davanti ad una birra o tra i fumi di una sigaretta

Qualcuno crescerà, anche con regolazioni maledette

Qualcun’altro rimarrà a casa a giocare a tresette….